Credito d’imposta non energivore e riaddebito dei costi

L’Agenzia delle entrate si sofferma in materia di Credito d’imposta per imprese non energivore fornendo chiarimenti sul Riaddebito dei costi sostenuti per l’energia (Agenzia delle entrate, risposta 23 giugno 2023, n. 358).

Nel caso trattato la società istante ha chiesto chiarimenti all’Agenzia in ordine alla spettanza del credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica in esecuzione di un contratto di servizi nel quale l’utenza della fornitura risulta in capo al concessionario dell’infrastruttura, la quale ha riaddebitato, sulla base del contratto, il costo in capo al gestore del servizio.

 

Preliminarmente l’Agenzia ricapitola i provvedimenti con i quali sono state introdotte misure agevolative per contenere gli effetti degli incrementi dei prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale e per contrastare gli effetti economici della grave crisi internazionale in atto in Ucraina:

  • Decreto Sostegni-ter

  • Decreto Energia

  • Decreto Ucraina

  • Decreto Aiuti-­bis

  • Decreto  Aiuti-­ter

  • Decreto Aiuti-quater

  • Legge di bilancio 2023

  • Decreto Bollette

Riguardo al caso in esame, l’Agenzia richiama l’articolo 6, comma 3, del D.L. n. 115/2022, il quale dispone che alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto della componente energia, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 15% della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel terzo trimestre dell’anno 2022. Acquisto che deve essere comprovato mediante le relative fatture, qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al secondo trimestre 2022, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.

 

L’Agenzia prosegue affermando che nel caso in cui vi sia un riaddebito del costo per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, i crediti d’imposta maturati possono essere fruiti dall’impresa alla quale vengono riaddebitati i costi, pur non essendo questa intestataria del POD, a condizione che il riaddebito sia tale da generare in capo a essa un effettivo onere economico connesso dell’incremento del costo dell’energia elettrica.

 

Nel caso di specie, dunque, l’Agenzia afferma che il riaddebito avviene in modo analitico, isolando dall’importo indicato dal fornitore di energia elettrica i costi riferibili ai consumi dell’impresa, considerando esclusivamente i POD relativi all’attività svolta, senza l’applicazione di mark-up in favore del concessionario dell’infrastruttura. Sussiste, quindi, una correlazione diretta tra l’incremento del costo dell’energia sostenuto dall’intestatario dell’utenza e l’incremento del costo attribuito all’istante, tale da individuare in quest’ultimo il soggetto su cui grava, per effetto del riaddebito anzidetto, l’onere economico della spesa per l’energia elettrica e al quale, quindi, spetta il credito d’imposta in questione.

Violazioni in tema di imposta sugli intrattenimenti: ravvedimento speciale inapplicabile

L’Agenzia delle entrate ha fornito nuovi chiarimenti in merito all’applicabilità del ravvedimento speciale in ipotesi particolari quali le violazioni in tema di imposta sugli intrattenimenti (Agenzia delle entrate, risoluzione 19 giugno 2023, n. 28).

Tra le altre misure della “tregua fiscale” figura anche la peculiare forma di ravvedimento ”speciale’‘, prevista dall’articolo 1, commi da 174 a 178.

Riguardo a tale istituto, l’Agenzia ricorda i chiarimenti forniti con le circolari n. 2/2023 e n. 6/2023 e il D.L. n. 34/2023 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 56/2023, dal quale in particolare risulta:

 

– da un lato, confermato quanto già indicato in via di prassi, ossia che sono escluse dall’istituto in esame le violazioni definibili con la definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (articolo 1, commi da 153 a 159, della Legge n. 197/ 2022) e con la regolarizzazione delle irregolarità formali (commi da 166 a 173 del medesimo articolo);

– dall’altro, meglio delineato l’ambito applicativo che ora non concerne più le sole violazioni ”sostanziali” dichiarative e le violazioni sostanziali ”prodromiche” alla presentazione della dichiarazione, che non restano assorbite dalla regolarizzazione della dichiarazione, ma tutte quelle che possono costituire oggetto di ravvedimento ex articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997 e che riguardano tributi/imposte con una dichiarazione di riferimento, regolarmente presentata, per il periodo d’imposta in cui sono state commesse. 

 

Restano quindi esclusi dalla possibilità di essere definiti con il ravvedimento speciale tributi/imposte, quali quella di registro o sugli intrattenimenti (”ISI”), privi di una dichiarazione validamente presentata, perché omessa o non prevista dalle norme di riferimento, rispetto ai quali resta, comunque, la possibilità di avvalersi del ravvedimento ordinario, in base all’articolo 13 del  D.Lgs. n. 472/1997.

 

Con specifico riguardo alle attività di intrattenimento e al regime IVA ad esse applicabile, in base alla previsione dell’articolo 74, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972, risulta:

– l’applicazione dell’IVA sulla stessa base imponibile dell’imposta sugli intrattenimenti;

– la forfetizzazione della detrazione;

– l’esonero dagli adempimenti contabili, compreso quello relativo alla presentazione della dichiarazione annuale;

– l’obbligo di adozione della contabilità separata, ai sensi dell’articolo 36, quarto comma, per le attività diverse da quelle di intrattenimento;

– il versamento dell’IVA con le stesse modalità e termini dell’imposta sugli intrattenimenti. 

 

Ai sensi del comma 1 dell’art. 1 del D.P.R. n. 544/1999 i soggetti che organizzano le attività elencate nella tariffa allegata al D.P.R. n. 640/1972 e che applicano il regime forfetario sono obbligati ad emettere fattura limitatamente alle prestazioni di pubblicità, di sponsorizzazione, di cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica comunque connesse alle attività di cui alla tariffa. Tali soggetti certificano, invece, mediante titoli di accesso emessi attraverso appositi misuratori o biglietterie automatizzate, i corrispettivi per l’ingresso o l’occupazione del posto e quindi per partecipare all’intrattenimento e i corrispettivi delle altre attività soggette all’imposta sugli intrattenimenti.

L’articolo 74, sesto comma, esclude dal campo di applicazione del regime in esame le operazioni non soggette ad imposta sugli intrattenimenti, comprese le prestazioni pubblicitarie, eventualmente effettuate nell’esercizio di attività di intrattenimento. Ne consegue, pertanto, l’attrazione delle stesse nel regime IVA ordinario, da cui deriva limitatamente alle predette operazioni:

  •  la determinazione della base imponibile secondo i criteri generali;

  •  la determinazione della detrazione secondo i principi dettati dall’articolo 19;

  •  l’osservanza degli obblighi di cui al titolo II, di liquidazione e di presentazione della dichiarazione annuale.

L’Agenzia chiarisce, dunque, che la disciplina del regime forfetario IVA dettata dall’articolo 74, sesto comma, costituisce il naturale regime IVA per i soggetti che esercitano attività di organizzazione di giochi, di intrattenimenti e delle altre attività indicate nella tariffa allegata al D.P.R. n. 640/1972, ai quali viene comunque consentito di avvalersi della facoltà di optare per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari.

 

Pertanto, in merito al caso di specie, rilevato che, per gli anni dal 2017 al 2019, l’istante ha presentato la relativa dichiarazione IVA, in riferimento a tale imposta e alle connesse violazioni, nel rispetto degli ulteriori requisiti previsti dall’articolo 1, commi 174 e ss. della Legge n. 197/2022, non può negarsi l’accesso all’istituto del ravvedimento speciale dallo stesso disciplinato.

 

Accordo di divorzio stipulato all’estero e depositato in Italia: imposta di registro e bollo

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all’applicabilità dell’esenzione da imposta di bollo e imposta di registro nel caso di accordo di divorzio stipulato all’estero concernente beni immobili siti in Italia (Agenzia delle entrate, risposta 20 giugno 2023, n. 351).

L’articolo 19 della Legge n. 74/1987 prevede che tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della Legge 1° n. 898/1970, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.

 

L’Agenzia delle entrate è già intervenuta, con la circolare del 21 giugno 2012, n. 27/E, sull’esenzione di cui articolo 19, chiarendo che essa si riferisce a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare i rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso e trova la sua ratio nell’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, evitando che l’imposizione fiscale possa gravare sui coniugi rendendo ancora più difficile il superamento della crisi coniugale.

 

La stessa Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4144/2021, ha affermato che l’esenzione si estende a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi, in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici. Tale agevolazione, quindi, va riconosciuta in riferimento ad atti e convenzioni posti in essere nell’intento di regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi conseguenti allo scioglimento del matrimonio, o alla separazione personale, compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o attuino il trasferimento della proprietà di beni mobili ed immobili all’uno o all’altro coniuge. Centrale, pertanto, è l’accordo tra le parti nella definizione della crisi coniugale e l’ottica di favore con il quale il legislatore vede tale modalità di definizione. 

 

Quanto al caso di specie, nel quale gli ex coniugi hanno posto in essere in Spagna accordi patrimoniali nell’ambito di una domanda di divorzio, conclusa con la sentenza pronunciata dal Tribunale, secondo i quali gli immobili siti in Italia sono trasferiti dal coniuge all’istante, l’Agenzia fa presente che l’utilizzo nel territorio dello Stato italiano di atti pubblici rogati e delle scritture private autenticate in uno Stato estero è subordinato al preventivo deposito dei medesimi presso l’archivio notarile distrettuale o presso un notaio esercente la professione in Italia.

Gli atti stipulati all’estero, pertanto, ai fini dell’utilizzo nello Stato italiano, devono essere legalizzati e depositati presso il notaio o presso l’archivio notarile distrettuale. 

 

Come già precedentemente chiarito con la risoluzione n. 250751/1981, il pubblico ufficiale, nel redigere il verbale di deposito dell’atto formato all’estero e le copie conformi in lingua italiana di quest’ultimo, trasforma formalmente tale atto in atto proprio ed è perciò obbligato a chiedere la registrazione ed a pagare l’imposta principale, in solido con le parti contraenti e con i soggetti nell’interesse dei quali viene richiesta la registrazione. La funzione del verbale di deposito, dunque, è quella di recepire l’atto formato all’estero al fine di consentirne l’uso nello Stato italiano.

Pertanto, ai fini del trasferimento di beni immobili siti in Italia dal coniuge all’Istante, l’atto di “Convenzione Matrimoniale, Ripartizione ed Aggiudicazione dei Beni della Comunione dei Beni ed Estinzione di Condominio” deve essere depositato presso un notaio italiano il quale riporta nel verbale le necessarie attestazioni ai fini della conformità urbanistica e catastale. 

In conclusione, l’Agenzia ha chiarito che, tenuto conto che le parti hanno proceduto a sciogliere giudizialmente il matrimonio e che il deposito presso il notaio italiano costituisce condizione per dare esecuzione agli accordi di divorzio, la tassazione del relativo atto può avvenire in esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa previste per gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Guida alla compilazione della dichiarazione redditi 2023

L’Agenzia delle entrate ha emanato due circolari contenenti la Raccolta dei principali documenti di prassi relativi riguardanti ritenute, oneri detraibili ed erogazioni liberali, anche sotto il profilo degli obblighi di produzione documentale da parte del contribuente al CAF o al professionista abilitato e di conservazione da parte di questi ultimi per la successiva produzione all’Amministrazione finanziaria, nonchè delle disposizioni normative e delle indicazioni di prassi riguardanti le deduzioni, le erogazioni liberali, le altre detrazioni e i crediti d’imposta contenuti nel Quadro E – “Oneri e spese” – sezione II, sezione III C, sezione V e sezione VI, nel Quadro F – “Acconti, ritenute, eccedenze ed altri” e nel Quadro G – “Crediti d’imposta” del modello di dichiarazione dei redditi 730/2023 (Agenzia delle entrate, circolari 19 giugno 2023, n.14/E e 15/E).

La Raccolta è il frutto del lavoro svolto da un tavolo tecnico istituito tra l’Agenzia delle entrate e la Consulta Nazionale dei CAF per elaborare un compendio comune utile per gli operatori dei CAF e per i professionisti abilitati all’apposizione del visto di conformità e per gli stessi uffici dell’Amministrazione finanziaria nello svolgimento dell’attività di assistenza e di controllo documentale ex articolo 36-ter del D.P.R. n. 600/1973. L’Agenzia, in tal modo, offre a tutti gli operatori uno strumento unitario che garantisce un’applicazione uniforme delle norme sul territorio nazionale e che orienta in maniera altrettanto uniforme le attività di controllo formale delle dichiarazioni.

 

Tale Raccolta contiene informazioni relative a ritenute, oneri detraibili ed erogazioni liberali, anche sotto il profilo degli obblighi di produzione documentale da parte del contribuente al CAF o al professionista abilitato e di conservazione da parte di questi ultimi per la successiva produzione all’Amministrazione finanziaria. Al suo interno sono richiamati documenti di prassi da ritenersi ancora attuali e sono forniti chiarimenti, non solo alla luce delle modifiche normative intervenute, ma anche delle risposte ai quesiti posti dai contribuenti in sede di interpello o di consulenza giuridica o dai CAF e dai professionisti abilitati per le questioni affrontate in sede di assistenza.

L’articolo 39, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 241/1997 1, come modificato dall’articolo 7- bis del D.L. n. 4/2019, convertito con modificazioni dalla Legge n. 26/2019, prevede che, in caso di visto di conformità infedele su una dichiarazione modello 730, il professionista abilitato, il Responsabile dell’Assistenza fiscale (RAF) e, in solido con quest’ultimo, il CAF sono tenuti al pagamento di un importo pari al 30% della maggiore imposta riscontrata, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente. 

Il CAF o il professionista potranno trasmettere una dichiarazione rettificativa del contribuente ovvero, se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, una comunicazione dei dati relativi alla rettifica il cui contenuto è definito con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sempre che l’infedeltà del visto non sia già stata contestata con la comunicazione di cui all’articolo 26, comma 3-ter, del regolamento di cui al D.M. n. 164/1999. In tal caso la somma dovuta sarà ridotta ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997.

 

Le conseguenze dell’apposizione del visto infedele sono distinte in relazione alla verifica:
– della corrispondenza dell’ammontare delle ritenute, anche a titolo di addizionali, con quello delle relative certificazioni esibite;
– delle detrazioni d’imposta spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
– delle deduzioni dal reddito spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
– dei crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalla dichiarazione e ai documenti prodotti dal contribuente.

Viene sottolineato che il rilascio del visto di conformità non implica il riscontro della correttezza degli elementi reddituali indicati dal contribuente.

 

L’Agenzia, con richiamo alla circolare del 29 novembre 2021, n. 16/E, specifica che, in caso di dichiarazione modello 730 presentata a un CAF o a un professionista abilitato, anche in caso di indicazione nel Quadro I di un credito di importo superiore ad euro 5.000 per l’utilizzo in compensazione mediante modello F24 o nel caso in cui, con riferimento alle spese per interventi rientranti nel Superbonus, il contribuente fruisca di tale detrazione nella dichiarazione dei redditi, non è necessario richiedere l’apposizione di uno specifico visto di conformità. Il contribuente, il quale intenda fruire della detrazione relativa al Superbonus può avvalersi, per la trasmissione telematica della dichiarazione, di un soggetto a tal fine abilitato diverso da quello che ha rilasciato il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione. Nel caso di presentazione della dichiarazione rettificativa del contribuente che nel caso di comunicazione dei dati rettificati da parte del CAF o del professionista abilitato, la responsabilità di questi ultimi è limitata al pagamento dell’importo corrispondente al 30% della maggiore imposta riscontrata soggetta a riduzione ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, mentre l’imposta e gli interessi restano a carico del contribuente.

 

A decorrere dall’anno d’imposta 2022 sono previste delle deroghe al generale obbligo di conservazione in capo ai CAF e ai professionisti abilitati della documentazione relativa agli oneri deducibili e detraibili. In particolare:

  • nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata senza modifiche, il contribuente non è tenuto ad esibire al CAF o al professionista la documentazione relativa agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata, forniti dai soggetti terzi all’Agenzia delle entrate, e il CAF o il professionista abilitato è esonerato dalla conservazione della documentazione degli oneri comunicati dai soggetti terzi;

  • nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata con modifiche, il CAF o il professionista abilitato è tenuto alla conservazione di tutta la documentazione prevista nell’ambito del visto di conformità, compresa quella relativa agli oneri comunicati dai soggetti terzi, anche se non modificati.

Importi deduzioni forfetarie 2023 a favore degli autotrasportatori

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha comunicato la misura delle deduzioni forfettarie 2023 per spese non documentate e l’Agenzia delle entrate ne ha chiarito la modalità di inserimento nella dichiarazione dei redditi (Ministero dell’economia e delle finanze, comunicato 16 giugno 2023, n. 103; Agenzia delle entrate, comunicato 16 giugno 2023).

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha definito, sulla base delle risorse disponibili, le agevolazioni fiscali per il 2023 in favore degli autotrasportatori relative alle deduzioni forfetarie per spese non documentate, come previsto dall’articolo 66, comma 5, primo periodo, del TUIR.

 

Pertanto, per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore oltre il Comune in cui ha sede l’impresa (autotrasporto merci per conto di terzi) è stata prevista una deduzione forfetaria di spese non documentate per il periodo d’imposta 2022 che ammonta a 48,00 euro e spetta una sola volta per ogni giorno di effettuazione di trasporti, indipendentemente dal numero dei viaggi.

Per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa, invece, l’importo stabilito dell’agevolazione fiscale è pari al 35% di quello riconosciuto per i medesimi trasporti oltre il territorio comunale.

 

Con specifico riferimento alle modalità di compilazione della dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle entrate ha pubblicato un proprio comunicato stampa, nel quale è stato precisato che la deduzione forfetaria per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore, ai sensi dell’articolo 66, comma 5, primo periodo, del TUIR, va riportata nei quadri RF e RG dei modelli REDDITI 2023 PF e SP, utilizzando rispettivamente:

  • nel rigo RF55 i codici 43 e 44;

  • nel rigo RG22 i codici 16 e 17.

così come indicato nelle istruzioni del modello REDDITI.

 

Tali codici, ha ricordato l’Agenzia, si riferiscono rispettivamente alla deduzione per i trasporti all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa e alla deduzione per i trasporti oltre tale ambito. 

Superbonus: sanzione applicabile in caso di errore nella fattura e nella comunicazione all’Agenzia

Chiarimenti dall’Agenzia delle entrate, in materia di Superbonus, riguardo alle sanzioni applicabili nel caso di errore nella fattura e nella comunicazione di sconto in fattura all’Agenzia (Agenzia delle entrate, risposta 14 giugno 2023, n. 348).

Nella fattispecie in questione, l’istante chiede all’Agenzia delle entrate di chiarire se nell’ipotesi di annullamento della comunicazione di sconto in fattura e successivo riversamento del credito già compensato, a fronte di interventi agevolabili realmente eseguiti, benché in favore di un soggetto individuato in fattura con un codice fiscale diverso, la sanzione da applicare sia quella prevista dal comma 4 dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 471/1997 (credito ”non spettante”), o, piuttosto, quella contemplata dal successivo comma 5 (credito ”inesistente”).

 

L’Agenzia precisa che all’articolo 13 del D.Lgs. n. 471/1997 è stabilito che nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al 30% del credito utilizzato.

Circa la differenza tra inesistenza e non spettanza del credito, già la risoluzione 8 maggio 2018, n. 36/E, ha chiarito che si definisce inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36bis e 36ter del D.P.R. n. 600/1973 e all’articolo 54bis del D.P.R. n. 633/1972.

Successivamente, anche la Corte di cassazione, con le sentenze n. 34444 e 34445, ha precisato che la definizione di credito inesistente si desume dall’articolo 13, comma 5, del D.Lgs. n. 471/1997. Dunque per considerare inesistente il credito:

  • deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente);

  •  l’inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali.

Ne deriva, al contrario, che se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante.

 

Dalla fattispecie in oggetto è emerso che:

– l’istante, pur intestando correttamente al condominio le fatture emesse ed inserendo, nella relativa descrizione dell’oggetto dell’operazione, la giusta dicitura, ha però erroneamente indicato un codice fiscale in luogo di quello corretto;

– le comunicazioni di sconto in fattura, risultano trasmesse per conto del codice fiscale errato;

– a seguito di accettazione del credito originato dalla comunicazione trasmessa, l’istante ha compensato la totalità dell’importo ricevuto;

– l’istante, a seguito dell’annullamento della comunicazione e preso atto dell’errore commesso, ha annullato totalmente l’operazione originaria  emettendo due note di variazione in diminuzione a totale storno delle fatture errate ed emettendo le fatture corrette.

 

Il credito agevolativo in favore del fornitore, ricorda l’Agenzia, si origina solo a seguito di accettazione della comunicazione dell’opzione di sconto, concesso al beneficiario originario dell’agevolazione fiscale. Nel caso di specie, il credito compensato si ricollega ad un intervento realmente eseguito e fatturato correttamente, nell’intestazione e nella parte descrittiva, con la sola eccezione dell’errata indicazione del codice fiscale del fruitore dei lavori agevolabili. Tale errata indicazione del codice fiscale, rappresentando un errore sostanziale, ha reso necessaria la rettifica dell’operazione mediante storno e sostituzione delle fatture originarie, oltre all’invio della nuova comunicazione, pur restando il medesimo intervento fatturato.

 

Pertanto, nel caso prospettato, il credito in parola può dirsi reale, benché correttamente maturato solo a seguito dell’accettazione della comunicazione della nuova opzione di sconto e dunque la sanzione applicabile è quella disposta dall’articolo 13, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997, che punisce l’utilizzo di un credito d’imposta esistente prima dell’invio della comunicazione corretta.

Pegno mobiliare non possessorio: servizio web per compilare e inviare le domande

 

L’Agenzia delle entrate ha reso nota l’attivazione del nuovo servizio web per compilare e inviare le domande di pegno mobiliare non possessorio, l’istituzione di nuovi codici tributo e l’istituzione di un codice negozio ad hoc (Agenzia delle entrate, comunicato 14 giugno 2023, risoluzione 14 giugno 2023, n. 26/E, provvedimento 14 giugno 2023, n. 212883).

L’articolo 1 del D.L. n. 59/2016, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 119/2016, ha introdotto nell’ordinamento nazionale la figura del pegno mobiliare non possessorio a garanzia dei crediti inerenti all’esercizio dell’impresa. Al comma 4 del suddetto articolo 1 è stata prevista la costituzione presso l’Agenzia di un registro informatizzato denominato “registro dei pegni non possessori” che consente al pegno, al momento dell’iscrizione, di prendere grado ed essere opponibile ai terzi e nelle procedure esecutive e concorsuali.

 

Con il provvedimento n. 120760/2023 è stato stabilito che i tributi e i diritti dovuti per la registrazione del titolo, per l’esecuzione delle formalità in tale registro informatico e per le relative certificazioni e copie, sono versati mediante addebito su un conto aperto presso un intermediario della riscossione convenzionato con l’Agenzia delle entrate.

Nei casi in cui i versamenti effettuati dovessero risultare insufficienti o venisse riscontrato un mancato addebito, i pagamenti possono essere regolarizzati, tramite modello F24, utilizzando i codici tributo di cui alla risoluzione n. 9/E del 20 febbraio 2020 (per gli atti privati) e alla risoluzione n. 76/E del 2 dicembre 2020 (per gli atti pubblici e le scritture private autenticate).

Inoltre, per consentire il versamento dei diritti di certificazione, con la risoluzione del 14 giugno 2023, n. 26/E, è stato istituito il codice tributo:

  •  “1572” denominato “Pegno mobiliare non possessorio – Diritti di certificazione”.

Mentre, per consentire il versamento, sempre tramite modello F24, dei diritti di certificazione, è stato istituito il codice tributo:

  •  “A210” denominato “Pegno mobiliare non possessorio – Diritti di certificazione – somme liquidate dall’ufficio”.

La necessità di individuare puntualmente l’istituto del pegno mobiliare non possessorio ai fini dell’imposta di registro ha reso necessaria anche l’istituzione di un codice negozio dedicato. A tal fine, con provvedimento del 14 giugno 2023, n. 212883, l’Agenzia delle entrate ha introdotto il codice negozio “5000 – Costituzione, modificazione o estinzione di pegno mobiliare non possessorio”, da esporre nella richiesta di registrazione (modello 69) prevista dall’articolo 6 del D.P.R. n. 605/1973.

 

Infine, l’Agenzia ha reso noto che dal 15 giugno 2023 è attivo il servizio web per compilare e inviare le domande di pegno mobiliare non possessorio, tramite il quale le domande possono essere compilate direttamente online all’interno dell’area riservata nel sito dell’Agenzia, trasmettendo i dati dei soggetti coinvolti, la descrizione dei beni o crediti dati in garanzia e le informazioni relative all’atto costitutivo.

 

Mancata dichiarazione IVA, comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo

Previsto l’invio di comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo nei confronti dei soggetti per i quali risulta mancante la presentazione della dichiarazione IVA per il periodo d’imposta 2022, ovvero la presentazione della stessa senza la compilazione del “quadro VE” o con operazioni attive dichiarate per un ammontare inferiore a 1000 euro (Agenzia delle entrate, provvedimento 13 giugno 2023, n. 210441).

L’Agenzia delle entrate, in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, co. 636, della Legge n. 190/2014, ha reso note le modalità con le quali sono messe a disposizione del contribuente e della Guardia di finanza, anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici, le informazioni relative alla presenza di fatture elettroniche, dei dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato e dei corrispettivi giornalieri trasmessi, che segnalano la possibile mancata presentazione della dichiarazione IVA per il periodo di imposta 2022 o la presentazione della stessa senza quadro VE o con operazioni attive dichiarate per un ammontare inferiore a 1000 euro, minore rispetto all’ammontare delle cessioni rilevanti ai fini IVA effettuate nello medesimo periodo d’imposta.

 

A tal riguardo, l’Agenzia invia, tramite PEC, una comunicazione al domicilio digitale dei singoli contribuenti contenente:

– il codice fiscale e la denominazione/cognome e nome del contribuente;

– il numero identificativo e la data della comunicazione, il codice atto e l’anno d’imposta;

– la data e il protocollo telematico della dichiarazione IVA trasmessa per il periodo di imposta 2022;

– la data di elaborazione della comunicazione in caso di mancata presentazione della dichiarazione IVA entro i termini prescritti.

 

Tale comunicazione è consultabile dal contribuente anche all’interno dell’area riservata del portale informatico dell’Agenzia, denominata “Cassetto fiscale” e dell’interfaccia web “Fatture e Corrispettivi”. Inoltre il contribuente, anche mediante gli intermediari incaricati della trasmissione delle dichiarazioni, può richiedere informazioni ovvero segnalare eventuali elementi, fatti e circostanze non conosciuti dall’Agenzia.

 

Riguardo alle modalità con le quali è possibile regolarizzare errori o omissioni e beneficiare della riduzione delle sanzioni previste per le violazioni stesse, è previsto che coloro che non hanno presentato la dichiarazione IVA relativa al periodo di imposta 2022 possono regolarizzare la posizione presentando la dichiarazione entro 90 giorni decorrenti dal 30 aprile 2023, con il versamento delle sanzioni in misura ridotta, come previsto dall’articolo 13, comma 1 lettera c), del D.Lgs. n. 472/1997.

 

I contribuenti, invece, che hanno presentato la dichiarazione IVA relativa al periodo di imposta 2022 senza il “quadro VE” o con operazioni attive dichiarate per un ammontare inferiore a 1000 euro possono regolarizzare gli errori e le omissioni eventualmente commessi , secondo le modalità previste dall’articolo 13, comma 1 lett. a-bis), del D.Lgs. n. 472/1997, beneficiando della riduzione delle sanzioni in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse.

Malattia o infortunio del libero professionista: sospensione termini adempimenti tributari

Con due quesiti rivolti al CNDCEC si richiedono chiarimenti sulla procedura da seguire per beneficiare della sospensione della decorrenza dei termini relativi ad adempimenti tributari a carico del libero professionista in caso di malattia o infortunio (Pronto Ordini 12 giungo 2023, n. 76 e n. 204).

L’articolo 1, commi da 927 a 944, della Legge n. 234/2021 ha introdotto e disciplinato la sospensione della decorrenza dei termini relativi agli adempimenti tributari a carico del libero professionista nei casi di malattia grave, infortunio o intervento chirurgico, nell’ipotesi di periodi di degenza ospedaliera o di cure domiciliari superiori a 3 giorni.

 

In particolare è previsto che in caso di ricovero del libero professionista in ospedale per grave malattia o infortunio o intervento chirurgico, ovvero in caso di cure domiciliari, sostitutive del ricovero ospedaliero, che comportano un’inabilità temporanea all’esercizio dell’attività professionale, non è imputata alcuna responsabilità al libero professionista o al suo cliente a causa della scadenza di un termine tributario stabilito in favore della pubblica amministrazione per l’adempimento di una prestazione a carico del cliente da eseguire da parte del libero professionista nei 60 giorni successivi al verificarsi dell’evento. I suddetti termini si sospendono a decorrere dal giorno del ricovero in ospedale o dal giorno d’inizio delle cure domiciliari, fino a 30 giorni dopo la dimissione dalla struttura sanitaria o la conclusione delle cure domiciliari. In tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 248/2023, arrivando a ritenere che non possano beneficiare della sospensione gli adempimenti con scadenza successiva ai 60 giorni decorrenti dall’evento, ancorché non sia terminato il periodo di riabilitazione presso il domicilio, nel presupposto che il cliente del professionista si sia nelle more attivato al fine di individuare un sostituto cui riaffidare l’incarico.

Ne consegue che gli adempimenti sospesi debbano essere eseguiti entro il giorno successivo a quello di scadenza del termine del periodo di sospensione.

 

Presupposto della sospensione è che tra cliente e libero professionista esista un mandato professionale, avente data antecedente al ricovero ospedaliero o al giorno di inizio della cura domiciliare. La normativa non richiede espressamente una “data certa” di conferimento di tale mandato, ma l’Agenzia delle entrate auspica la produzione di un mandato scritto, per poter fornire la prova anche con altri mezzi, fermo restando ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria al riguardo.

 

È stato infine chiarito che per poter beneficiare della sospensione in oggetto sia necessaria la consegna o l’invio della documentazione ai competenti uffici della pubblica amministrazione e che tale adempimento non possa essere sostituito con l’invio della documentazione stessa all’Ordine territoriale di appartenenza del professionista. Dello stesso avviso è l’Agenzia delle entrate che, nella risposta n. 248/2023, ha ribadito l’obbligo di far conoscere ai competenti uffici della P.A. i nominativi dei clienti ai quali si applica la sospensione dei termini.

Criteri per l’Individuazione degli elementi di incoerenza del 730/2023

Approvati dall’Agenzia delle entrate i criteri per individuare gli elementi di incoerenza da utilizzare per effettuare i controlli delle dichiarazioni dei redditi modello 730/2023 con esito a rimborso (Agenzia delle entrate, provvedimento 9 giugno 2023, n. 203543).

Gli elementi di incoerenza sono individuati nello scostamento per importi significativi dei dati risultanti nei modelli di versamento, nelle certificazioni uniche e nelle dichiarazioni dell’anno precedente, o nella presenza di altri elementi di significativa incoerenza rispetto ai dati inviati da enti esterni o a quelli esposti nelle certificazioni uniche. È considerato elemento di incoerenza delle dichiarazioni dei redditi modello 730/2023 con esito a rimborso la presenza di situazioni di rischio individuate in base alle irregolarità verificatesi negli anni precedenti. 

 

L’articolo 5, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 175/2014,  introdotto dalla Legge di Bilancio 2016, prevede che nel caso di presentazione della dichiarazione direttamente ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, con modifiche rispetto alla dichiarazione precompilata che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta e che presentano elementi di incoerenza ovvero determinano un rimborso di importo superiore a € 4.000, l’Agenzia delle entrate possa effettuare controlli preventivi, in via automatizzata o mediante verifica della documentazione giustificativa, entro 4 mesi:

– dal termine previsto per la trasmissione della dichiarazione;

– dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine.

 

Il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo è erogato dall’Agenzia non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a tale termine, restando fermi i controlli previsti in materia di imposte sui redditi.

 

Sempre per effetto del richiamato articolo 5, comma 3-bis del D.Lgs. n. 175/2014, i controlli preventivi possono trovare applicazione anche con riferimento alle dichiarazioni presentate ai CAF o ai professionisti abilitati.