Imposta sostitutiva IRPEF e rendita vitalizia derivante da polizza assicurativa

L’Agenzia delle entrate chiarisce dubbi sull’applicabilità del regime IRPEF previsto per i titolari di redditi da pensione di fonte estera anche al percettore di una rendita vitalizia derivante dalla sottoscrizione di una polizza assicurativa sulla vita avente finalità di copertura del rischio di invalidità permanente (Agenzia delle entrate, risposta 8 marzo 2023, n. 246). 

Le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in taluni Comuni indicati nell’articolo 24 ter del TUIR possono optare per l’assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, prodotti all’estero, a un’imposta sostitutiva, con aliquota del 7%, da applicarsi per ciascuno dei periodi di validità dell’opzione (complessivamente 10 anni).

 

Nel quesito di cui alla risposta in oggetto, si chiede se il regime di cui sopra, riservato alle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera, si possa applicare anche alla rendita vitalizia percepita a fronte di un contratto di assicurazione sulla vita, stipulato con un ente privato estero, finalizzato (in parte) alla copertura del rischio di invalidità permanente.

 

In sostanza, l’applicazione del regime fiscale in argomento è subordinata alla condizione che la persona fisica che si trasferisce in Italia possieda «redditi da pensione di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), erogati da soggetti esteri». Tali redditi sono le pensioni di ogni genere e gli assegni a essi equiparati: nella definizione rientrano tutti quegli emolumenti dovuti dopo la cessazione di un’attività lavorativa, che trovano genericamente la loro causale anche in un rapporto di lavoro diverso da quello di lavoro dipendente (ad esempio, il trattamento pensionistico percepito da un ex titolare di reddito di lavoro autonomo), ma anche tutte quelle indennità una tantum (si pensi alla capitalizzazione delle pensioni) erogate in ragione del versamento di contributi e la cui erogazione può prescindere dalla cessazione di un rapporto di lavoro.

 

Premesso ciò, l’Agenzia già in precedenza ha chiarito che, in linea generale, le prestazioni pensionistiche integrative erogate a un soggetto che trasferisce la residenza fiscale in Italia, versate da un fondo previdenziale professionale estero o tramite una società di assicurazione estera, corrisposte in forma di capitale o rendita, sono riconducibili, in via ordinaria, secondo l’ordinamento tributario vigente in Italia, ai redditi di cui al citato articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana.

 

Nel caso specifico sottoposto all’attenzione dell’Agenzia, si evidenzia che la sottoscrizione della polizza rappresenta un atto di natura volontaria che non ha una finalità previdenziale e l’erogazione delle prestazioni a favore dell’Istante non richiede il raggiungimento di alcun requisito anagrafico pensionistico. 

 

Sulla base di queste considerazioni, non essendo la polizza stipulata volta a garantire all’iscritto una pensione integrativa, si conclude che la rendita in esame non è riconducibile nell’ambito dei redditi di cui al suddetto articolo 49 del TUIR e, dunque, che l’istante non possa accedere al regime di favore previsto dall’articolo 24 ter del TUIR

 

Comunicazione stralcio “integrale” dei debiti fino a mille euro

Sul sito dell’Agenzia delle entrate-riscossione disponibile il modulo che gli enti creditori, diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali devono utilizzare per comunicare la decisione di aderire allo stralcio “integrale” dei debiti fino a mille euro riferiti al periodo 2000-2015 (comunicato 6 marzo 2023).

 

La Legge di conversione del decreto Milleproroghe (Legge n. 14/2023) ha previsto per gli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali, la possibilità di decidere sulla non applicazione dello stralcio “parziale” delle cartelle esattoriali fino a mille euro, riferite al periodo 2000-2015, estendendo così quanto previsto dalla Legge di Bilancio che prevedeva, in assenza di un provvedimento contrario da parte dell’ente, l’annullamento automatico solo delle sanzioni e degli interessi (c.d. stralcio parziale). Tale annullamento si riferisce esclusivamente alle somme dovute a titolo di interessi per ritardata iscrizione a ruolo, di sanzioni e di interessi di mora, lasciando interamente dovute le somme a titolo di capitale, rimborso spese per procedure esecutive e notifica.

 

Altresì il decreto Milleproroghe ha introdotto la possibilità per gli stessi enti di deliberare l’applicazione dello stralcio “integrale” ai debiti di importo residuo, alla data del 1° gennaio 2023, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi da essi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015.

 

Sia per i provvedimenti di diniego dell’annullamento “parziale”, sia per l’adesione allo stralcio “integrale”, l’Agenzia delle entrate-riscossioni, informa poi gli enti creditori che sono tenuti a trasmettere la decisione all’agente di riscossione entro la scadenza del 31 marzo 2023 attraverso i nuovi moduli aggiornati con le novità previste dal decreto Milleproroghe, unitamente ad una copia del provvedimento stesso.

La nuova definizione agevolata delle liti tributarie nell’analisi degli esperti del settore

I commercialisti e gli esperti contabili analizzano il contenuto della normativa introdotta dalla Legge di bilancio 2023 sulla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti e la sua applicazione pratica (Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, comunicato 8 marzo 2023).

Nel documento di ricerca pubblicato in data 8 marzo 2023 sul sito istituzionale, il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti e degli esperti contabili si soffermano sulle principali novità introdotte dalla Legge di bilancio 2023 (Legge n. 197/2022, articolo 1, commi 186 – 205) alla disciplina della definizione agevolata delle liti tributarie pendenti, analizzandone, tra gli altri, gli aspetti soggettivi e oggettivi con spunti di riflessione sull’applicazione pratica ai giudizi in corso.

 

Il primo requisito di ammissibilità della definizione agevolata in argomento attiene alla natura soggettiva della controparte coinvolta nelle controversie tributarie: la norma definitoria è applicabile solo se il giudizio veda coinvolta l’Agenzia delle entrate o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (quest’ultima, originariamente non prevista dalla prima versione della norma, è stata aggiunta in sede di approvazione da parte della Camera dei Deputati).

 

Ai sensi del comma 205, inoltre, anche gli enti territoriali, in primis i Comuni, potranno deliberare l’adesione alla nuova definizione agevolata entro il 31 marzo 2023 adottando provvedimenti che, ai soli fini statistici, acquistano efficacia con la pubblicazione sul sito istituzionale degli stessi enti e sono trasmessi al Dipartimento delle finanze entro il 30 aprile 2023. 

 

Occorre che tale status di parte processuale sia posseduto dall’Agenzia delle entrate o dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ovvero degli enti territoriali) al 1° gennaio 2023, data di entrata in vigore della norma.

 

Sono ammessi alla definizione anche i giudizi in cui i suddetti soggetti sono intervenuti volontariamente o chiamati in causa, sempre entro la stessa data. 

 

Dal punto di vista della parte ricorrente, è legittimato a presentare la domanda di definizione agevolata il soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, chi vi è subentrato (ad esempio, un erede), o colui che ne ha la legittimazione (ad esempio, il curatore fallimentare).

 

Riguardo al requisito oggettivo, sono definibili tutte le controversie tributarie, senza alcuna limitazione in merito alla tipologia degli atti impugnabili: la novità principale che si segnala, sotto questo profilo, consiste proprio nel venir meno del riferimento all’atto impositivo quale requisito di carattere oggettivo per la definizione, per cui la nuova “tregua fiscale” riguarda tutte le controversie tributarie in quanto tali, in ogni stato e grado del giudizio, pendenti alla data del 1° gennaio 2023, ossia con atto notificato entro tale termine.

 

Una precisazione particolare viene fatta con riferimento ai giudizi aventi a oggetto le cartelle di pagamento derivanti dalla liquidazione automatizzata delle dichiarazioni annuali che, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, avevano già ammesso al precedente istituto definitorio del 2019, anche se l’articolo 6 del D.L. n. 119/2018 faceva espresso riferimento agli “atti impositivi”. Ne consegue che, essendo scomparso tale limite dalla nuova definizione agevolata prevista dalla Legge di bilancio 2023, devono considerarsi ugualmente definibili anche i ricorsi contro le cartelle emesse a seguito di controlli automatizzati ex articolo 36 bis del D.P.R. n. 600/1973.  

 

Ai sensi del comma 193, sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte le risorse proprie tradizionali comunitarie, l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.

 

Il beneficio derivante dalla definizione è rappresentato dall’annullamento di sanzioni e interessi, a fronte della debenza dell’importo che costituisce il valore della controversia, ovvero di una percentuale di esso secondo lo schema seguente:

  •      ricorso notificato al 1° gennaio 2023: 100% del valore della controversia (comma 186);

  •      ricorso notificato e iscritto a ruolo in primo grado (pendente) al 1° gennaio 2023: 90% del valore della controversia (comma 187);

  •      ricorso accolto in primo grado al 1° gennaio 2023: 40% del valore della controversia (comma 188);

  •      soccombenza dell’Agenzia fiscale (o dell’ente locale che vi abbia aderito) in secondo grado al 1° gennaio 2023: importo dovuto pari al 15% del valore della controversia (comma 188);

  •      ricorso accolto parzialmente al 1° gennaio 2023: 100% del valore della controversia con riferimento all’ammontare del tributo confermato giudizialmente e 40% o 15% con riferimento all’ammontare del tributo oggetto di annullamento giudiziale, a seconda che la sentenza sia stata pronunciata – rispettivamente – in primo o in secondo grado (comma 189);

  •      giudizio pendente in Cassazione, in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale (ovvero dell’ente locale) sia in primo che in secondo grado: 5% del valore della controversia (comma 190);

  •      controversia avente per oggetto esclusivamente sanzioni non collegate al tributo (calcolate in modo autonomo rispetto al tributo): 15% del valore della controversia in caso di sentenza favorevole al contribuente depositata al 1° gennaio 2023, ovvero 40% in tutti gli altri casi (comma 191);

  •      controversia avente per oggetto esclusivamente sanzioni collegate al tributo (calcolate in percentuale rispetto al tributo): zero, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla stessa definizione agevolata (comma 191).

Convenzione Italia Bulgaria per evitare le doppie imposizioni: chiarimenti dall’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Bulgaria (Risposta a interpello n. 244 del 8 marzo 2023).

 

La risposta dell’Agenzia delle entrate arriva a seguito del dubbio sollevato dal Contribuente, residente in Bulgaria, in merito al corretto inquadramento ed al conseguente assoggettamento ad imposizione, del trattamento pensionistico percepito, a seguito dell’assorbimento dell’INPDAP nell’INPS, nell’ambito dell’articolo 16 (pensioni), ovvero dell’articolo 17 (funzioni pubbliche), paragrafo 2, della Convenzione tra l’Italia e la Bulgaria per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge 29 novembre 1990, n. 389.

 

L’Agenzia ricorda che secondo l’articolo 3, comma 2, del Testo Unico delle imposte sui redditi, le  persone  residenti  in  Italia  sono  tassate  sull’insieme  dei  loro redditi  percepiti, indipendentemente  da  dove  questi  siano  prodotti,  mentre,  nel  caso  di  soggetti  non residenti, sono tassati in Italia solo i redditi prodotti nel territorio italiano. Altresì vengono considerati  redditi  prodotti  nel  territorio  dello  Stato  italiano le pensioni e gli assegni ad esse assimilati se corrisposti dallo Stato italiano, da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni nel territorio italiano di soggetti non residenti.

 

In ambito dell’applicazione delle disposizioni, contenute nella Convenzione tra l’Italia  e  la  Bulgaria, l’Agenzia delle entrate si è espressa chiarendo in che modo tali disposizioni  si applicano alle persone che sono residenti di uno o entrambi gli Stati contraenti.

L’Agenzia sottolinea come ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2 di tale Trattato internazionale l’espressione ”residente di uno Stato contraente” fa riferimento, per quanto riguarda l’Italia, a qualsiasi  persona  fisica  che, in virtù  della  legislazione italiana, è assoggettata ad imposta nel nostro Paese a motivo del suo domicilio e della  sua residenza e, per quel che concerne la Bulgaria, a qualsiasi persona fisica che possiede la nazionalità bulgara. Pertanto, una  persona  fisica può essere considerata residente in Bulgaria solo se risulta in possesso della cittadinanza di tale Stato. Dunque il contribuente non cittadino bulgaro non può essere considerato, ai fini convenzionali,  residente in Bulgaria e conseguentemente non possono essere applicate le  disposizioni contenute nel citato Trattato internazionale.

Si conclude, pertanto, che in tal caso la pensione erogata dall’INPS a questo tipo di contribuente è assoggettata a tassazione nel nostro Paese ai sensi della vigente normativa italiana e non trovano applicazione le disposizioni contenute nella Convenzione Italia ­Bulgaria.

TRASFORMAZIONI, FUSIONI E SCISSIONI TRANSFRONTALIERE: APPROVATO IL DECRETO ATTUATIVO DELLA DIRETTIVA UE

Pubblicato in G.U. n. 56 del 7 marzo 2023 il d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19 in attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere.

Il campo di applicazione del d.lgs. comprende le operazioni transfrontaliere riguardanti:

  1. una o più società di capitali italiane e una o più società di capitali di altro Stato membro che hanno la sede sociale o l’amministrazione centrale o il centro di attività principale stabilito nel territorio dell’Unione europea;
  2. società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non hanno nel territorio dell’UE la sede sociale né l’amministrazione centrale né il centro di  attività  principale, se l’applicazione della disciplina di recepimento delle direttive (UE) 2017/1132 e (UE) 2019/2121 a tali operazioni è parimenti prevista  dalla legge applicabile a ciascuna delle società  di altro Stato membro partecipanti o risultanti dall’operazione;
  3. operazioni che non rientrano nei casi di cui alle lettere a)  e  b)  e  alle  operazioni  internazionali, nel rispetto dell’articolo 25, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218;
  4. enti non societari, in quanto compatibile, nel rispetto dell’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995;
    società nei cui confronti sono aperte procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, fatta salva l’applicazione delle specifiche disposizioni dettate in materia di crisi d’impresa.

L’autorità competente chiamata a vigilare ai fini del rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29 e ad effettuare i controlli previsti dagli articoli 13, 33 e 47 è il notaio quale pubblico ufficiale.

Sulla trasformazione è previsto il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso all’approvazione del progetto stesso e la relativa decisione di trasformazione deve risultare da atto pubblico.

Alla società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera si applica il titolo V, capo X, sezione II, del libro V del  codice civile. Dal progetto di fusione dovranno risultare le info ex art. 2501 ter c.c. e quelle elencate all’articolo 19. Spetta all’organo  amministrativo di  ciascuna delle società che vi partecipano redigere una relazione sugli aspetti giuridici ed economici della fusione e le  implicazioni per i  lavoratori e per l’attività futura della società, con la possibilità di redigere una relazione unica o due separate per soci e lavoratori. La relazione di cui all’articolo 2501-sexies del codice civile è redatta da uno o più esperti  scelti fra i soggetti di cui all’articolo 2409-bis, primo comma, del codice civile. Se la società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera è ammessa alla negoziazione in mercati regolamentati, l’esperto è scelto fra le società di revisione sottoposte alla vigilanza  della Commissione nazionale per le società e la borsa. La fusione deve risultare da atto pubblico e qualora la società risultante dalla fusione transfrontaliera fosse  una società italiana spetta al notaio redigere l’atto pubblico di fusione di cui all’articolo 2504 del  codice  civile  ed  espletare  il  controllo  di legalità di cui all’articolo 33. Altrimenti qualora la società risultante fosse di altro Stato l’atto pubblico di fusione dev’essere redatto dall’autorità competente dello Stato la  cui  legge  è  applicabile alla società risultante dalla fusione ed è depositato presso  il notaio ai fini di cui all’articolo 34, comma 2. 

Mitigazione e trasparenza costi delle transazioni elettroniche: istituito Tavolo tecnico

 

Con il DECRETO 03 MARZO 2023 il MEF istituisce un tavolo permanente sulle transazioni elettroniche diretto ad assicurare il necessario coordinamento e confronto tra i componenti del tavolo, per la mitigazione e la trasparenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti.

Come previsto dall’art. 1, comma 386 della Legge 29 dicembre 2022, n. 197, il MEF adotta un decreto volto a istituire un tavolo permanente fra le categorie interessate preordinato a valutare soluzioni per mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti attività di impresa, arti o professioni che presentino ricavi e compensi relativi all’anno di imposta precedente di ammontare non superiore a 400.000 euro.

Sempre nella legge 29 dicembre 2022, n. 197, all’art. 1, comma 387 è stabilito che ove il tavolo istituito ai sensi del comma 386 non giunga alla definizione di un livello dei costi equo e trasparente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ovvero in caso di mancata applicazione delle condizioni e delle commissioni fissate ai sensi dell’accordo definito, è dovuto da parte dei prestatori di servizi di pagamento e dei gestori di circuiti e di schemi di pagamento, per l’anno 2023, un contributo straordinario quantificato dalla citata norma

Il tavolo è presieduto dal Direttore generale del dipartimento del tesoro del ministero e ne fanno parte: MEF, Banca d’Italia, Agenzia delle entrate, Associazione bancaria italiana, Associazione italiana prestatori servizi di pagamento, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, MIMIT e Agenzia per l’Italia digitale.

Il MEF invita a partecipare anche i prestatori di servizi di pagamento, i gestori di circuiti e schemi di pagamento, nonché le relative associazioni di categoria. Ai lavori del tavolo possono essere invitati anche ulteriori associazioni rappresentative degli esercenti, valutata anche la rappresentanza degli interessi coinvolti, nonché, in qualità di uditori, i rappresentanti di altre amministrazioni o autorità.

Le riunioni del tavolo si svolgono ordinariamente in modalità telematica, fatte salve specifiche esigenze che richiedono la convocazione in presenza. I componenti, nell’ambito del tavolo permanente, possono pervenire alla conclusione di un accordo, la cui comunicazione avviene tramite sito istituzionale del MEF.

 

Requisiti e condizioni per la costituzione dei distretti biologici

 

Pubblicato in G.U. n. 47 del 24 febbraio 2023 il Decreto 28 dicembre 2022 sui requisiti e condizioni per la costituzione e il riconoscimento dei distretti biologici e dei biodistretti al fine di tutelare, sviluppare ed incrementare la competitivita’ della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico.

 

Secondo quanto stabilito dal decreto del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, le aziende, singole o associate, le organizzazioni di produttori, i soggetti, pubblici e privati, gli enti locali che intendono promuovere la costituzione di un distretto biologico nonchè enti di ricerca che svolgono attività di ricerca in materia, costituiscono un comitato promotore, rappresentativo del tessuto socio-economico territoriale regionale o interregionale.

 

Obbligatoria la partecipazione al distretto biologico delle seguenti categorie di soggetti, se presenti sul territorio:

  • imprenditori agricoli biologici, singoli o associati, iscritti nell’elenco pubblico degli operatori dell’agricoltura e dell’acquacoltura biologiche che operano sul territorio del distretto, anche organizzati in reti di imprese;
  • associazioni di produttori biologici;
  • soggetti singoli o associati, comprese le società cooperative e consorzi, che intervengono nella filiera biologica.

Al distretto biologico possono partecipare enti locali e altri enti pubblici che adottino politiche di tutela delle produzioni biologiche, di difesa dell’ambiente, di conservazione del suolo agricolo e di difesa della biodiversità; enti di ricerca pubblici e privati che svolgono attività scientifica in materia di produzione biologica; enti e associazioni che svolgono attività di tutela e valorizzazione dell’ambiente e del territorio; imprenditori agricoli, singoli o associati, che non adottano il metodo biologico, con particolare riguardo ai soggetti produttivi disciplinati dalla Legge n. 30/2022 sulle piccole produzioni agroalimentari di origine locale e quelli disciplinati dalla Legge n. 61/2022 per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e provenienti da filiera corta; enti e associazioni pubblici e privati, consorzi, fondazioni, aziende speciali, società a partecipazione pubblica, enti economici regionali che svolgono attività nell’ambito della formazione, della promozione del territorio e dei prodotti agricoli, della ricerca e dell’innovazione finalizzate allo sviluppo del sistema produttivo primario; associazioni locali di consumatori; organizzazioni di produttori; organizzazioni professionali agricole, organizzazioni sindacali e associazioni di rappresentanza della cooperazione del territorio di riferimento; altri soggetti privati volti a consolidare l’aggregazione e il confronto dei diversi interessi locali per la valorizzazione delle risorse e lo sviluppo economico del territorio, in sintonia con ambiente e tradizione storica.

La richiesta di riconoscimento del distretto biologico è presentata dal comitato promotore alla competente regione di appartenenza nella quale insiste la totalità del territorio del distretto stesso per il tramite del soggetto gestore. Entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito positivo dell’istruttoria di riconoscimento, il distretto assume la forma giuridica indicata nel piano di distretto e trasmette alla regione competente gli atti relativi alla costituzione della società di distretto e lo statuto approvato e sottoscritto dagli aderenti alla società. Decorsi inutilmente i termini per la trasmissione degli atti sopraindicati, l’amministrazione archivia la domanda.

 

Tra i requisiti necessari al riconoscimento, la cui assenza ne può comportare la revoca, vi sono l’individuazione dell’area territoriale coinvolta nel distretto, l’elenco dei soggetti partecipanti, la specificazione della forma giuridica assunta, l’indicazione del programma di attività che si intende realizzare e gli obiettivi, le motivazioni e i risultati attesi. Il tempo massimo stabilito per adeguarsi a tali requisiti è fissato al 31 dicembre 2027.

 

Bonus energia: estensione della comunicazione dei crediti d’imposta

Le disposizioni del provvedimento n. 44905/2023, si applicano anche al credito d’imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola e della pesca in relazione alla spesa sostenuta per l’acquisto di carburante effettuato nel terzo trimestre 2022 (Agenzia delle entrate, provvedimento n. 56785/2023).

Con il provvedimento dell’Agenzia delle entrate  n. 44905 del 16 febbraio 2023 è stato approvato il modello per la comunicazione dei crediti d’imposta maturati per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale per il secondo semestre 2022 e per l’acquisto di carburanti, da parte dei soggetti che esercitano attività agricola e della pesca, per il quarto trimestre 2022.

L’articolo 15, comma 1-quinquies, del D.L. n. 198/2022, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 14/2023, ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 7 del D.L.n. 115/2022, prevedendo che la suddetta comunicazione debba essere inviata entro il 16 marzo 2023 anche con riferimento al credito spettante per l’acquisto di carburanti, da parte dei soggetti che esercitano attività agricola e della pesca, per il terzo trimestre 2022, a pena di decadenza dal diritto alla fruizione del credito residuo.

Pertanto, ai fini della comunicazione all’Agenzia delle entrate dei crediti d’imposta maturati, sono approvate – con il provvedimento in commento – le nuove versioni del “Modello per la comunicazione dei crediti d’imposta maturati in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di prodotti energetici” e delle relative istruzioni di compilazione. In relazione alle spese sostenute per l’acquisto di carburante effettuate nel terzo trimestre 2022, i soggetti esercenti attività agricola e pesca potranno quindi comunicare i crediti d’imposta maturati, attraverso l’invio delle nuove versioni del modello per le comunicazioni, entro il 16 marzo 2023. Nel suddetto modello di comunicazione è stato aggiornato in particolare il quadro “B”, dove sono indicati i crediti d’imposta e i relativi requisiti.

Inoltre, il provvedimento in argomento fornisce indicazioni per l’invio, tramite il Centro Operativo Servizi Fiscali di Cagliari, delle comunicazioni da parte dei soggetti localizzati nei comuni di Livigno e Campione d’Italia, che potrebbero risultare privi di partita IVA.

 

 

Registrazione telematica dei contratti preliminari di compravendita con modello RAP

 

Approvati i moduli aggiuntivi C1 e D1 del modello “RAP – Registrazione di atto privato”  unitamente alle relative istruzioni da utilizzare da parte dei contribuenti e degli intermediari per la richiesta di registrazione in via telematica dei contratti preliminari di compravendita (Agenzia delle entrate, provvedimento n. 56766/2023).

 

Con il provvedimento n. 56766 del 1° marzo 2023, accompagnato dalle relative istruzioni di compilazione, l’Agenzia delle entrate ha esteso l’utilizzo della registrazione online al contratto preliminare di compravendita, arricchendo il modello RAP di due nuovi moduli aggiuntivi C1 e D1 e relative istruzioni. Con successivi provvedimenti l’utilizzo del modello RAP sarà progressivamente esteso alla registrazione di tutti gli atti privati, tramite l’approvazione di specifiche parti dedicate alle diverse tipologie di atti.

I nuovi moduli:

  • quadro C1 “Negozio – Preliminare di vendita”, nel quale vanno indicate le informazioni relative al contratto preliminare per cui si richiede la registrazione;
  • quadro D1 “Dati degli immobili”, contenente i dati degli immobili qualora siano oggetto del contratto.

Il modello RAP con tutti i suoi moduli è scaricabile gratuitamente dal sito dall’Agenzia e stampabile nel rispetto delle caratteristiche tecniche richieste.

La modalità di presentazione prevista è quella telematica, mediante apposita procedura web integrata resa disponibile nell’area riservata del sito istituzionale, utilizzabile dal 7 marzo 2023. Solo per i soggetti non obbligati alla registrazione telematica dei contratti la presentazione del modello RAP può essere effettuata anche in formato cartaceo unitamente all’atto da registrare presso gli uffici dell’Agenzia delle entrate.

Documenti da allegare in un unico file al modello RAP, in formato TIF e/o TIFF e PDF/A (PDF/A-1a o PDF/A-1b):

  • copia dell’atto da registrare, sottoscritto dalle parti, redatto in modo che gli elementi essenziali siano leggibili tramite procedure automatizzate (ad esempio in formato elettronico o dattiloscritto);
  • copia di eventuali documenti allegati all’atto da registrare (ad esempio scritture private, inventari, mappe, planimetrie e disegni).

Dichiarazione “Redditi 2023–PF”: online il modello

Con il provvedimento n. 555597 del 28 febbraio 2023 il Direttore dell’Agenzia delle entrate ha approvato il modello di dichiarazione “REDDITI 2023-PF”, con le relative istruzioni e specifiche tecniche di trasmissione in via telematica dei dati, da presentare da parte delle persone fisiche nell’anno 2023 con riferimento al periodo d’imposta 2022. 

Il modello è composto dal:

  • “Fascicolo 1”, contenente il frontespizio, il prospetto dei familiari a carico ed i quadri RA, RB, RC, CR, RP, LC, RN, RV, DI, RX;
    “Fascicolo 2”, riservato ai contribuenti non obbligati alla tenuta delle scritture contabili, contenente i quadri RH, RL, RM, RT; il quadro RW, concernente il monitoraggio per gli investimenti all’estero e il calcolo delle relative imposte; il quadro RR, concernente la determinazione dei contributi previdenziali; il quadro AC, relativo alla comunicazione degli amministratori dei condomini; la guida alla compilazione del modello “REDDITI 2023-PF” per i soggetti non residenti;
    “Fascicolo 3”, riservato ai contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, contenente i quadri RE, RF, RG, LM, RD, RS, RQ, RU, FC, CE, NR, ed infine, il quadro TR.
  • I modelli da utilizzare per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indicatori sintetici di affidabilità fiscale, che sono approvati con apposito provvedimento. 

Approvata anche la scheda da utilizzare, ai fini delle scelte della destinazione dell’otto, del cinque e del due per mille dell’IRPEF, da parte dei soggetti esonerati dall’obbligo di presentazione della dichiarazione ai sensi dell’articolo 1, quarto comma, lettera c), del DPR 29 settembre 1973, n. 600. 

Il modello di dichiarazione è reso disponibile gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico e può essere utilizzato e stampato prelevandolo dal sito internet dell’Agenzia, prestando attenzione in fase di stampa alle caratteristiche tecniche indicate.

Indicazione degli importi e modalità di trasmissione dei dati:

  • gli importi devono essere indicati in unità di euro con arrotondamento per eccesso se la frazione decimale è pari o superiore a 50centesimi di euro ovvero per difetto se inferiore a detto limite;
  • permane l’obbligo ai soggetti abilitati alla trasmissione telematica  di rilasciare al contribuente la dichiarazione su modello conforme per struttura e sequenza a quello approvato da provvedimento;
  • i contribuenti esonerati dall’obbligo di presentazione della dichiarazione possono trasmettere la scheda ai fini delle scelte della destinazione dell’otto, del cinque e del due per mille direttamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate oppure consegnano la stessa scheda ad un ufficio di Poste;
  • per la presentazione agli uffici postali, la dichiarazione va inserita in una busta avente le caratteristiche di cui all’Allegato B al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 34746/2008, con l’obbligo da parte degli uffici postali di rilasciare una ricevuta per ogni dichiarazione consegnata.

I soggetti incaricati (art. 3, co. 3, DPR 22 luglio 1998, n. 322) nel rispetto delle disposizioni per la tutela della riservatezza, inviano i dati entro i seguenti termini:

– entro il 31 luglio 2023, per le schede ricevute entro il 15 luglio 2023;
– entro il 30 novembre 2023, per le schede ricevute dal 16 luglio 2023 fino al termine di presentazione telematica del modello REDDITI Persone Fisiche 2023.